Introduzione
La stratosfera, e cioè la zona compresa tra i 15 e i 50 km al di sopra della superficie terrestre, è caratterizzata dalla presenza di ozono (O3) che la protegge dai raggi ultravioletti emessi dal Sole. I cambiamenti che avvengono nella fascia stratosferica di ozono sono strettamente collegati ai problemi di riscaldamento globale della terra (vedere approfondimento sull'effetto serra). L'ozono si forma continuamente in seguito all'assorbimento delle radiazioni ultraviolette a basse lunghezza d'onda e, parallelamente, viene continuamente distrutto da diverse reazioni chimiche le quali lo riconvertono in ossigeno molecolare. Il bilancio tra la formazione dell'ozono e la sua distruzione fornisce la concentrazione di ozono in atmosfera. I primi allarmi sulla distruzione della fascia protettiva di ozono risalgono agli inzi degli anni ‘70 ma fu solo nel 1985, con la scoperta del “buco” sopra l’Antartide che il problema iniziò a manifestarsi in tutta la sua gravità.
Il modello di calcolo
I principali responsabili della rottura delle molecole di ozono sono i CFC e gli HCFC (già citati tra i gas serra) prodotti dalle attività umane. Tali composti sono molto stabili, tanto che possono raggiungere la stratotesfera inalterati: qui le loro molecole vengono “rotte” dai raggi ultravioletti, liberando il cloro che aggredisce immediatamente le molecole di ozono. La distruzione dello strato di ozono alimenta i rischi connessi alla salute umana associati all'esposizione ai raggi UV come carcinomi cutanei o problemi al sistema immunitario.
Come per l'effetto serra è stato messo a punto un sistema di standardizzazione, per poter quantificare, con un'unità di misura unica i contributi dei vari gas per tale effetto. Tale metodo si basa sul “potenziale di riduzione dell'ozono” (ODP - Ozone Depletion Potential), attuato mediante dei fattori di conversione che trasformano i quantitativi dei gas responsabili in kg di CFC-11 equivalenti (indicatore di categoria). Il potenziale di riduzione dell'ozono di una sostanza è del tutto simile al GWP e viene definito come il rapporto tra il numero di reazioni di rottura della molecola di ozono in uno stato di equilibrio conseguente l'emissione in atmosfera di una data sostanza in un anno di tempo (kg/anno) ed il corrispondente numero di reazioni di rottura provocato, nelle medesime condizioni, da un'egual quantità di CFC-11 (WMO, 1989).